“C’è ancora qualcuno che vuole negare questi crimini e nascondere la tragedia delle foibe e il dramma dell’esodo dal confine orientale d’Italia.” Con queste parole il presidente del consiglio comunale, Federica Guiducci, ha aperto la conferenza dal titolo “La Storia negata di Goli Otok”, durante la quale si è parlato anche dell’isola calva, il luogo
“C’è ancora qualcuno che vuole negare questi crimini e nascondere la tragedia delle foibe e il dramma dell’esodo dal confine orientale d’Italia.” Con queste parole il presidente del consiglio comunale, Federica Guiducci, ha aperto la conferenza dal titolo “La Storia negata di Goli Otok”, durante la quale si è parlato anche dell’isola calva, il luogo di martirio dove il dittatore comunista Tito rinchiuse migliaia di oppositori “per rieducarli” e dove molti di loro trovarono la morte tra atroci sofferenze. E chi si salvò rimase segnato per tutta la vita, nell’animo e nel fisico.
Dopo il saluto del Vice Sindaco Luigi Serafini e l’interessante intervento del presidente del consiglio comunale Federica Guiducci, sono stati i due relatori a tenere banco: il giornalista del quotidiano “Il Giornale” Fausto Biloslavo e l’esponente dell’Unione degli Istriani Simona Pellis.
“E’ la legge 92 del 2004 che dispone di diffondere con varie iniziative il ricordo degli infoibati e degli esuli – ha detto la Pellis – è quello che stiamo facendo con la mostra fotografica su Goli Otok, un luogo di terrore e di morte. Importante è il 10 febbraio, il Giorno del Ricordo, che è una Solennità Civile dello Stato Italiano e non una semplice giornata celebrativa. Qualche giorno fa mi ha telefonato la figlia di un grande esule, Pietro Tarticchio. Per motivi di salute non può più partecipare a tanti convegni e allora Lei ne prenderà il posto, in una staffetta ideale che coinvolge anche gli iscritti alle associazioni degli esuli.”
L’inviato di guerra Fausto Biloslavo, prima della sua relazione, ha ricordato di essere venuto a Tarquinia tanti anni addietro per effettuare un lancio con il paracadute. “A Goli Otok vennero incarcerati tanti italiani che andarono in Jugoslavia perché credevano nel comunismo – ha esordito – ma rimasero stritolati dal cambio di campo fatto da Tito che si allontanò dall’Unione Sovietica di Stalin. A Goli Otok ti torturavano e ti facevano il lavaggio del cervello. La punizione più frequente era quella di essere messo in una buca illuminata giorno e notte da un faro. Erano sistemi diabolici per piegare la volontà dei prigionieri. Quella attuata da Tito fu una “pulizia politica”: il dittatore comunista eliminò tutti quelli che si potevano opporre alle sue malefatte e ai suoi piani di espansione. Nelle foibe non morirono solo 20.000 italiani, ma anche Sloveni, Croati, Serbi e Montenegrini. La Slovenia è un immenso cimitero, hanno mappato le fosse comuni e le foibe dove hanno trovato la morte 250.000 persone, un eccidio enorme.”
Il noto giornalista ha citato la foiba di Kocevski Rog, in Slovenia. Qui i miliziani comunisti jugoslavi gettarono centinaia di persone, italiani, sloveni e croati, molti dei quali giovani di 15-17 anni. Per questo è stata ribattezzata la “foiba dei ragazzi”.
“Sono figlio di un esule e nipote di un infoibato – ha concluso Biloslavo – e dico che queste tragedie non devono più accadere. Mai più.”
Da segnalare durante il dibattito finale alcuni interventi: il professor Tiziano Torresi ha citato le numerose lettere scritte da Alcide De Gasperi sulle vicende che riguardavano il confine orientale e i balcani; il dottor Silvano Olmi, presidente nazionale del Comitato 10 Febbraio, ha messo in guardia sull’opera nefasta svolta da negazionisti e riduzionisti e sul fatto che quelle vicende non riguardarono solo chi abitava da millenni in quelle terre, ma furono massacrati dai comunisti slavi anche poliziotti, carabinieri, guardie di finanza e impiegati statali che provenivano da altre Regioni d’Italia. In sala era presente, tra gli altri, Maurizio Federici del Comitato 10 Febbraio di Viterbo, la persona che ha ideato la manifestazione patriottica “Una Rosa per Norma Cossetto” che si svolge da cinque anni nei giorni 4 e 5 ottobre.
Particolarmente toccante l’intervento di Romeo Manfredi Rotelli, già comandante della Polizia Locale di Tarquinia, nativo di Zara. “Nella mia città non c’erano le foibe – ha ricordato – i comunisti titini massacrarono tanti miei concittadini gettandoli in mare con delle pietre legate al collo. Un crimine che ancora oggi qualcuno vorrebbe tenere nascosto.”
La mostra fotografica su Goli Otok rimarrà aperta fino al 30 aprile 2023.
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