Due piloti uniti dallo stesso destino. Due piloti coraggiosi, Eroi dell’Italia sconfitta, umiliata e tradita l’8 settembre 1943. Due piloti legati al nome della nostra bella città: il primo ci trascorse alcune settimane, l’altro ci si trasferì da bambino, divenendo tarquiniese a tutti gli effetti. Il primo è Giuseppe Cenni. Il 31 luglio 1942 viene
Due piloti uniti dallo stesso destino. Due piloti coraggiosi, Eroi dell’Italia sconfitta, umiliata e tradita l’8 settembre 1943. Due piloti legati al nome della nostra bella città: il primo ci trascorse alcune settimane, l’altro ci si trasferì da bambino, divenendo tarquiniese a tutti gli effetti.
Il primo è Giuseppe Cenni. Il 31 luglio 1942 viene promosso al grado di Maggiore per merito di guerra ed un anno dopo esattamente il 10 luglio 1943, a seguito della morte del Tenente Colonnello Guido Nobili, gli viene assegnato il comando del 5° Stormo, divenendo il più giovane comandante di Stormo della Regia Aeronautica.
Allo Stormo sono assegnati i caccia-bombardieri Reggiane RE 2002 Ariete, e diretto in Sicilia per contrastare lo sbarco anglo-americano, il Reparto della Regia Aeronautica transita per l’aeroporto di Tarquinia. Qui i nostri piloti per alcune settimane si addestrano all’uso del nuovo aereo per poi spostarsi a Manduria, in Puglia.
Il 4 settembre 1943, la formazione comandata dal Maggiore Cenni decolla alla volta di Reggio Calabria, scortata da dieci Macchi MC 202 del 21° Gruppo Autonomo decollato da Gioia del Colle e da dodici Macchi MC 205 del 9° Gruppo del 4° Stormo, per colpire mezzi da sbarco inglesi e canadesi.
Attaccati con successo i bersagli assegnati, infuria la battaglia nei cieli della Calabria tra la nostra caccia ed una cospicua formazione nemica di Spitfire. Il combattimento si conclude purtroppo con l’abbattimento del velivolo del comandante Cenni e di quelli dei Tenenti Renato Moglia ed Aldo Vitale, entrambi decorati con la Medaglia d Argento al Valor militare alla memoria, mentre il Sergente Banfi anch’esso colpito, riesce a salvarsi col paracadute.
Con la morte del comandante Cenni scompare uno dei più importanti e formidabili aviatori di cui l’Aviazione Italiana può andare fiera, il pilota “con la faccia da bambino” come qualcuno lo chiamava per il suo aspetto giovanile, in soli otto anni di servigi resi alla Regia Aeronautica si era messo in luce per la grande determinazione e per il coraggio che sapeva infondere nei suoi uomini, i quali attendevano trepidanti solo il suo famoso grido “Valzer, ragazzi!” per dare inizio alla “danza” ovverossia alla picchiata sugli obiettivi.
Il suo medagliere è eloquente testimonianza di elette virtù militari, di lucida coscienza del proprio dovere, di una grande professionalità ma soprattutto di una infinita passione per il volo: la Medaglia d’Oro al Valor militare alla memoria, sei Medaglie d Argento al Valor militare ed una Croce di ferro di seconda classe tedesca, tra le principali onorificenze.
Il secondo è il Tenente pilota Vincenzo Ferri. Tarquiniese, sceglie di diventare pilota della Regia Aeronautica.
Vincenzo Ferri nasce ad Ancona il 4 dicembre 1919 da Nestore e Zaira Fagnani. In seguito la famiglia Ferri si trasferisce a Tarquinia. Vincenzo consegue il brevetto di pilota civile e quindi, quando è richiamato alle armi, viene destinato prima alla scuola di pilotaggio di Falconara e poi a quella di Gorizia. Riceve il brevetto di pilota militare sull’aereo C.R. 42 il 2 marzo 1943. Inviato al 1° Nucleo Addestramento Caccia e il 23 agosto 1943 arriva al 22° Gruppo Autonomo C.T. con sede all’aeroporto di Napoli Capodichino, assegnato alla 359^ squadriglia comandata dal capitano Sant’Andrea.
La mattina del 7 settembre 1943 l’unità composta da 7 apparecchi si alza in volo al comando del tenente salernitano Orfeo Mazzitelli, asso della Regia Aeronautica, per cercare di intercettare una formazione di circa 100 bombardieri B-17 che rientra alla base dopo aver colpito le installazioni aeroportuali di Foggia. La sproporzione fra le forze è evidente: in 7 contro 100 !!! Ogni B-17 dispone di 13 mitragliere da 12,7. Inoltre, volano in formazione serrata per presentare un vero e proprio muro di fuoco ai caccia che tentano di attaccarli.
Cosa accadde lo apprendiamo dalla commossa lettera che il tenente Mazzitelli scrive da Salerno alla sorella di Vincenzo il 30 aprile 1945:
“Gentile Signorina,
in questo momento ho ricevuto la sua raccomandata e con infinito dolore espleterò questo increscioso compito. Il suo Enzo era nella mia squadriglia e partimmo insieme uno degli ultimi giorni di guerra nel settembre del 1943, per una missione di guerra. Conoscendo il suo ardente impeto disposi che si fosse immediatamente messo dietro di me che funzionavo da capo pattuglia, e dietro di lui seguiva un anziano pilota, con il preciso compito di non abbandonarlo mai qualora si fosse allontanato dalla nostra formazione.
Queste precauzioni furono da me prese perché il caro Enzo era ai suoi primi combattimenti.
Un primo scontro con gli aerei nemici lo abbiamo avuto sulle montagne calabresi, e condusse l’attacco con calma ritornandomi dietro appena uscito dalla mischia; successivamente dopo altri ripetuti attacchi, mentre s’inseguivano gli aerei sulla rotta di ritorno, il suo aereo rimase colpito probabilmente al motore, in quanto da una quota di circa 3000 metri iniziò una planata lenta, per cui fu chiaro che egli cercava un atterraggio di fortuna per portare in salvo l’aereo, disdegnando la sicura salvezza per mezzo del paracadute.
Si era sulle montagne di Acerno, nei pressi di Salerno, egli scelse un campetto in mezzo ai monti onde poter depositare il suo aereo. Tentò due volte l’atterraggio ma l’angustità del campo, circondato da pareti montagnose, gli resero la manovra infinitamente ardua. Ad un certo punto s’è visto l’aereo toccare velocemente la terra per poi fermarsi sulla parete della montagna che limitava l’angusto campo.
Non è stato possibile vedere altro tranne l’accorrere di alcuni pastori che si trovavano in quei pressi. Nessuno può dire che cosa se ne sia fatto di Enzo in quanto non fu possibile effettuare delle ricerche a causa del precipitare degli eventi per cui fummo bloccati in Aeroporto senza poterne uscire. Non escludo, nonostante il brusco atterraggio, che Enzo si sia potuto salvare, però il fatto che fino ad oggi non si sia fatto più vivo, lascia perplessi tutti quelli che non hanno cessato di amarlo, né mai dimenticato.
Fino a questo momento non mi è stato possibile andare sul luogo a causa di tanti impedimenti che sarebbe lungo raccontarle ora, ma le assicuro che appena ne avrò la possibilità mi recherò sul posto per attingere notizie dai testimoni oculari.
Infiniti auguri e saluti”.
I resti del povero Tenente sono trasportati dalla popolazione locale in un sacco a dorso di mulo e deposti in una Chiesa. Il suo velivolo Macchi 202 è andato a schiantarsi, dopo un atterraggio non riuscito, presso la sorgente di Sant’Anna, nella pianura delle Acque Nere. L’eroico pilota è stato colpito alla schiena da un proiettile di mitragliatrice di un aereo della squadriglia di ‘fortezze volanti’ in missione di guerra su Napoli.
Morire gli ultimi giorni di guerra. Questo è stato il destino che ha accomunato il sottotenente di complemento Vincenzo Ferri e il Maggiore Giuseppe Cenni. Il loro eroismo è stato vanificato dai traditori dell’8 settembre 1943.
Entrambi muoiono quando l’armistizio è già stato firmato il 3 settembre, nelle campagne siciliane di Cassibile, sotto a una tenda, da un generale italiano in borghese…
La notizia della resa incondizionata al nemico viene data solo l’8 settembre 1943. I nostri due Eroi sono già morti. Ma il loro sacrificio non è stato vano, in quanto è uno schiaffo in faccia ai mercanti che hanno portato la Nazione allo sfacelo, lasciando le Forze Armate allo sbando e senza ordini.
Cenni e Ferri sono i martiri dell’Italia sconfitta ma che ha saputo mantenere la schiena diritta. Il loro nome rimarrà in eterno nel Paradiso degli Eroi.
(Molte delle notizie e delle foto sono tratte dal sito www.1943salerno.it, e dalle pagine Facebook Regia Aeronautica e I cavalieri del cielo e la Regia Aeronautica).
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